storia della chiesa - Chiesa Evangelica Metodista di Parma-Mezzani

ultimo aggiornamento 11/02/2024
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storia della chiesa

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PARMA-MEZZANI:  150 anni di storia (1863-2013) - Introduzione

La presenza protestante a Parma risale a molto tempo prima della costituzione della comunità metodista, come si può dedurre dalla nascita del cimitero della Villetta. L’esistenza di un settore esterno destinato per metà alla comunità ebraica e per l’altra metà ai protestanti testimonia come gli evangelici fossero noti e presenti già da tempo in città, anche se non riuniti in una comunità. Essi continuarono a comparire in città per tutto il corso dell’ottocento, ma non sono conosciuti documenti che riportino precise notizie sull’inizio della comunità metodista. E' possibile che essa si sia aggregata progressivamente in seguito alla visita di qualche pastore evangelico o per la predicazione di qualche testimone della fede evangelica che abbia raggruppato aderenti attorno a sé.

Da un rapporto del dicembre 1909 del pastore G. S. Bonifazi sappiamo, comunque, che all’inizio del 1863, dunque subito dopo l’Unità d’Italia, iniziò a Parma e nella sua provincia un vasto lavoro di evangelizzazione a cura del missionario Henry James Piggott, della Chiesa Metodista inglese (Wesleyana). Questi riunì un certo numero di fratelli e sorelle di fede e gettò le basi per la formazione di comunità di credenti in numerose aree dell’Emilia-Romagna, fra cui il vicino paese di Mezzano Inferiore e, nel corso del tempo, anche Vicobellignano, Brescello, Fontevivo, Reggio Emilia.

Piggott non era l’unico missionario nella zona; nel medesimo periodo, infatti, operarono anche altri missionari appartenenti all’altra ala del metodismo, quello americano (episcopale), e non fu infrequente un travaso di fedeli da un’ala all’altra. La comunità di Brescello ne è un esempio.Il pastore Giovanni Melis, infatti, riporta il fatto in un suo breve cenno storico, qui trascritto:

“Stazione di Brescello
Questa piccola Chiesa venne formata dal Ministro Bartolomeo Malan nel 1875, sotto l’Amministrazione del Comitato Metodista Episcopale Americano. L’ 8 Dicembre 1876 rinunziando il Malan per motivi di famiglia alla Evangelizzazione, cedette la detta opera al Comitato Metodista Wesleyano, e la Chiesa di Brescello fu presa in consegna dal Sig. Giovanni Melis conduttore della Chiesa di Mezzano Inferiore.”


Il gruppo metodista di Parma si avviò a formare una vera comunità, che si costituì ufficialmente l’8 marzo 1863, sotto la cura del pastore Vincenzo Del Mondo. Al momento della sua nascita contava 56 iscritti, tra fratelli e sorelle, e 23 catecumeni, successivamente ammessi come membri effettivi fra il maggio e il dicembre del 1864. Tra i membri di Chiesa iniziali figurava anche il prof. Pellegrino Strobel, noto studioso universitario di livello internazionale e per un breve periodo anche Rettore dell’Università. Il primo battesimo venne celebrato il 21 aprile del medesimo anno non a Parma, bensì a Piacenza, in casa del neonato, mentre nella chiesa di Parma venne celebrato il 26 ottobre. Il primo matrimonio invece sì celebrò il 13 dicembre 1863, unendo due vedovi.

Inizialmente si prese in affitto un locale, ora demolito, al piano superiore della chiesa di San Salvatore, l’attuale luogo di culto posto in borgo Giacomo Tommasini, allora adibita a magazzino. In questo locale la comunità si riunì regolarmente per dieci anni, poi si trasferì nel Palazzo delle Finanze in via Vittorio Emanuele II (oggi via della Repubblica), poi nell’ex Teatro Campanini in borgo del Cappello (l’attuale via Oberdan).

Infine, nel 1907 venne acquistata la chiesa di San Salvatore, allora ancora divisa in due piani, e l’annesso stabile per l’alloggio del pastore. L’acquisto riuscì per i notevoli sforzi contributivi di tutti i membri di chiesa e anche per il particolare accorgimento e interessamento dell’ing. Guido Albertelli, deputato socialista e amico personale del pastore Bonifazi, e la supervisione del pastore William Burgess, Presidente dell’Opera Metodista Wesleyana in Italia. Compiuti i necessari restauri, “il 12 aprile del 1908 il venerabile e beneamato ex Presidente Rev. Enrico Piggott tenne il servizio inaugurale, segnando una data memorabile per la Chiesa Evangelica di Parma”. Nel 1928, quando era pastore della comunità il pastore Giovanni Ferreri e Presidente dell’Opera Metodista Wesleyana il pastore Edgard Bradford, la chiesa è stata ulteriormente restaurata e abbellita, oltre che munita di un monumentale organo, donato dalla signora Burgess, moglie dell’ex Presidente, arrivando ad avere fondamentalmente l’aspetto odierno.

L’attività evangelizzatrice non è mai cessata dall’epoca di Piggott e nel corso degli anni ha portato all’iscrizione fra i membri di chiesa di numerose persone provenienti da varie zone del parmense, del reggiano e del cremonese. In diversi paesi si sono costituiti anche gruppi di credenti, con vita altalenante e senza peraltro riuscire a raggiungere una “massa critica” per divenire comunità autonome. Il gruppo di maggiori dimensioni è stato quello di Reggio Emilia, in cui si reperì anche un locale di culto utilizzato fino a non molti anni or sono.

Negli ultimi decenni del XX secolo l’ondata migratoria che ha investito i paesi occidentali ha portato anche a Parma un gran numero di persone, molte delle quali, soprattutto ganesi e di altri paesi africani, erano credenti evangelici che si sono aggregati alla comunità metodista. Nello stesso periodo, più di una comunità evangelica costituitasi in Parma ha chiesto di poter utilizzare la chiesa metodista per il culto, in quanto mancante di un proprio locale, come avvenuto per alcuni anni per una comunità della Chiesa Apostolica italiana e, più recentemente, per una comunità pentecostale ganese appartenente alla Christ Cornerstone International Church (CCIC).

La comunità di Mezzani
La comunità evangelica metodista di Mezzano Inferiore deve la sua origine all’opera evangelizzatrice di missionari inglesi della Chiesa Metodista Wesleyana, primo fra tutti Henry James Piggott, che hanno percorso tutta l’Emilia-Romagna subito dopo l’Unità d’Italia. La scelta di abbracciare l’evangelo a quell’epoca era una scelta difficile e sofferta, per cui non c’è da stupirsi se le comunità evangeliche abbiano sempre avuto vita difficile e non siano mai arrivate ad avere folti numeri di membri. E' proprio nell’ambito delle sanguigne, a volte anche violente, dispute antiprotestanti dell’epoca che si colloca la travagliata nascita della comunità di Mezzano, un cui cenno storico è raccontato vividamente dal pastore Giovanni Melis, uno dei primi pastori della comunità, in un suo scritto del 1878 e riportato integralmente nella pagina seguente.

La "relazione Melis": “Nel 1863 viveva in Mezzano Inferiore un certo Passaglia medico condotto. Era costui di spirito liberale, da tutti benvisto, e soleva leggere i trattati di controversia del Dott. Luigi de Santis nonchè la Bibbia del Diodati. E' perciò facile lo arguire quali fossero le sue religiose convinzioni e come perciò in tese relazioni fosse con il clero locale. Il Passaglia, non amando turbare la propria quiete, riteneva nel suo segreto le verità attinte, ma Iddio non volle che in mezzo a tanta cecità religiosa l’Evangelo rimanesse l’eredità d’un solo. Nell’agosto di detto anno un improvviso malessere traeva il Passaglia agli estremi della vita, e l’astuto prete, che in tali istanti suol torturare le sue vittime, colse l’ora fatale in cui gli spasimi d’una dolorosa agonia aveano già attutito nel moribondo ogni senso d’intelligenza per forzarlo d’una ritrattazione dai suoi religiosi principii.

Questo trionfo effimero del prete doveva servire come mezzo nelle mani di Dio per aprire la strada all’Evangelo di Cristo in queste campagne.

Tutta la popolazione pianse l’irreparabile perdita del filantropo, del distinto ed intemerato cittadino, e mentre accorreva in folla ad onorare per l’ultima volta la salma, il prete solo, con occhio asciutto e con sorriso di scherno, insultava al comune cordoglio collo proclamare la pretesa ritrattazione. Questa inopportuna gioia, questo anticristiano procedere offese gli animi di molti onesti, i quali si proposero da quell’istante di rintuzzare la pretina baldanza. Era tra questi il sig. Flaminio Ghinzelli, che uscito allora dall’esercito, ove durante la sua vita militare ebbe occasione di conoscere l’istituzione delle Chiese Evangeliche, ardeva dal desiderio di far conoscere ai suoi compaesani la purezza semplicità della Religione di Cristo, spinto da giusta indignazione formò un nucleo di amici onde chiamare nel paese un Ministro Evangelico.

Difatti nell’Ottobre 1863 una piccola rappresentanza del partito anti-clericale recatasi a Parma invitò formalmente il Rev. Francesco Sciarelli a portarsi a Mezzano Inferiore per ivi dare pubbliche conferenze. Non è a dirsi con quale gioia il Sciarelli accettasse l’invito, e con sollecitudine recatosi a Mezzano, ivi a cielo scoperto, all’aia detta di Zucchi, salito sopra un tavolo, con facondia di parlare, per primo annunziava la Parola di vita ad un’attenta e silenziosa moltitudine di ben 2000 persone accorse da tutte le parti del comune.

La chiara esposizione delle verità evangeliche, la dimostrazione degli errori papisti e la potenza dall’alto valsero a risvegliare molte coscienze, lasciando favorevole profonda impressione negli animi di molti uditori.

Da qui ebbero principio le guerre infinite, le suggestioni, le ire irrompenti del prete contro la nascente schiera evangelica. Egli nulla trascurò onde abbattere ed esterminare. Non rifuggì dalla calunnia e dagli incitamenti a crudele vendetta, attizzando l’odio dei suoi credenzoni contro gli Evangelici. Ma Dio era coi suoi ed in mezzo a tanta burrasca un certo Annigoni e Gioia poterono continuare l’opera iniziata dallo Sciarelli.

Il procedere del clero, anziché intimidire i nuovi credenti, li sospinse vieppiù a stringersi compatti al vessillo della croce e per essa sostenere da veri discepoli la lotta religiosa.

Trovatosi finalmente un piccolo locale il primo nucleo di evangelici composto da 38 a 40 persone, radunatosi sotto la presidenza dell’Annigoni proclama la fede Evangelica e si costituisce ufficialmente in Chiesa, eleggendo i suoi Diaconi.

Aumentatosi gradatamente il numero dei fratelli si dovette pensare ad un più vasto locale e per un lungo tempo il Rev. Moreno, successo al Gioia, deve predicare sotto il porticato d’un fienile, che ceduto poscia dal fratello Lazzaro Mosconi al Comitato Metodista, venne riattato nell’attuale sala e scuole.

Più volte si fecero dai cattolici tentativi onde incendiare la casa della Missione, ma le loro trame furono sempre provvidenzialmente sventate.

Nè parmi che si debba tacere qui d’un fatto importante che, mentre lascia memoria vergognosa di questo clero, nemico sempre implacabile, ridonda ad onore degli evangelici per la loro fermezza ed irrevocabile fede in Cristo di faccia all’astuzia, alla ferocia ed alle minacce del fanatismo, sono prova di più che per convincer ognuno sull’esattezza di questa grande verità che “L’uomo stolto è quello che contrasta Dio”.

Nella Quaresima dell’anno 1869 un certo padre Serafino, uomo intrigante e di rotti costumi, fu chiamato a predicare nella parrocchia di Mezzano ove fece il suo ingresso trionfale in mezzo a clamorose dimostrazioni dei cattolici. Costui veniva con animo già deliberato, non per edificare il gregge, ma per suscitar odii, persecuzioni e vendette contro la Chiesa Evangelica!

Le sue spudorate menzogne, le sue invettive ed incitamenti infiammarono di santo zelo i superstiziosi che istigati apertamente e pubblicamente dal pulpito a distruggere col ferro e col fuoco tutti gli eretici e credendo far cosa grata alla Madonna l’insanguinar le mani nel proprio fratello, si apprestavano a porre in esecuzione l’infame consiglio. Baldanzosi e dal torvo aspetto affluivano i cattolici armati da molte parti del paese, imprecando ai protestanti e minacciandone l’esterminio. Fu veramente un istante di angosciosa trepidazione, poiché pareva che tutta quella massa dovesse riversarsi e schiacciare la piccola Chiesa di Cristo!

Ma le prese cautele dal Ghinzelli, allora comandante della Guardia Nazionale, il contegno calmo e dignitoso degli Evangelici e più ancora la volontà di Dio posero un fine a tanto fermento e ridussero al nulla la progettata strage! Anzi, molti, riconoscendo l’infamia di padre Serafino per la feroce sua guerra spiegata contro gli Evangelici biasimarono i cattolici e si schierarono dalla parte protestante.

Padre Serafino, veduto il proprio fiasco, pensò bene di ritirarsi e nascostamente si partì da dove sperava di veder rinnovata per opera sua la notte di S. Bartolomeo!

Non perciò cessarono le piccole persecuzioni e molti fratelli per lungo tempo si videro reietti da ogni luogo e privi di lavoro. Ma la loro costanza e più ancora la testimonianza della loro vita finirono per trionfare sull’ignoranza e sul pregiudizio, per cui oggi questa Chiesa prospera sotto lo sguardo di Dio ed in mezzo alla simpatia della maggioranza del paese.

A questa Chiesa vanno pur unite una scuola diurna maschile ed una femminile.


Mezzano Inferiore addì 15 marzo 1878

Il Ministro G. Melis”

Il resto della storia
Dopo questo tumultuoso inizio, la comunità crebbe abbastanza nel corso dei decenni successivi, per avere poi una contrazione nella seconda metà del XX secolo, in seguito alla quale venne accorpata alla vicina comunità metodista di Parma. La maggioranza dei primi membri di chiesa fu ammessa nella comunità il 15 agosto del 1864. Il primo matrimonio fu celebrato nel 1865, mentre il primo battesimo nel 1867. Il primo pastore fu Giuseppe Moreno, che si insediò ufficialmente nel gennaio 1867 e rimase fino al novembre 1870. Evidentemente ci fu qualche difficoltà ad avere subito una guida residente, in quanto la comunità mezzanese rimase senza pastore per undici mesi, fino all’ottobre del 1871, quando arrivò il pastore Gabriello Martinelli. Questi venne sostituito nel luglio 1876 dal pastore Giovanni Melis, l’autore del cenno storico riportato sopra.

Le scuole di cui si è parlato sorsero quasi subito dopo la comunità ed ebbero un ruolo importante nella scolarizzazione dell’intero paese di Mezzano e delle aree circostanti. I primi maestri furono il già citato Flaminio Ghinzelli e Giuseppina Riva. Nel 1871 si procedette alla costruzione di un nuovo stabile che ospitasse le scuole a causa del forte afflusso di alunni, che in certi anni raggiunsero il numero di quasi 400.

Le scuole funzionarono regolarmente per vari decenni, fino all’inizio dell’anno scolastico 1935-36, quando furono poste sotto sequestro dallo stato fascista a causa degli stretti collegamenti della Chiesa Metodista con la Gran Bretagna. Dopo la seconda guerra mondiale il loro ruolo venne a perdersi, per cui furono definitivamente chiuse. I loro locali oggi sono stati trasformati in un centro di accoglienza per immigrati, principalmente ganesi, che opera in collaborazione con il locale Comune.

La chiesa di Parma
Il luogo di culto dove la comunità metodista di Parma si riunisce regolarmente era in origine una chiesa cattolica di epoca medioevale e dedicata a San Salvatore. Fu eretta intorno al 1145 era una chiesa parrocchiale, ricordata già in un documento del 1230. Verso il 1517 un decreto della Curia romana la assegnò alle suore Canonichesse regolari lateranensi di S. Agostino, della Congregazione di San Salvatore o Renana, delle quali divenne chiesa patronale.

Successivamente venne chiamata anche “chiesa della Madonna della sanità” perchè nel 1650 venne accolto al suo interno un affresco della casa Zilieri con un’effige della Madonna, considerata miracolosa in tempo di contagio (1630). La parrocchia venne tuttavia abolita il 9 gennaio del 1634. Successivamente, l’arrivo del governo napoleonico portò soppressione dell’ordine delle Canonichesse e all’incamerazione dei beni ecclesiastici. Di conseguenza, il monastero si svuotò e la stessa chiesa venne chiusa al culto cattolico romano. In questa occasione la venerata immagine venne rimossa e trasferita nella chiesa parrocchiale della SS. Trinità, in borgo della Trinità. L’ormai ex chiesa di San Salvatore fu ridotta, quindi, a uso profano divenendo un magazzino.

L’edificio aveva dei locali a un piano sovrastante la chiesa e quando la comunità metodista wesleyana si costituì, nel marzo del 1863, lo fece in uno di questi, che poi fu usato per un certo tempo come locale in cui celebrare il culto domenicale. Dopo una decina di anni la comunità si trasferì in altre parti della città, per ritornarvi nel 1905, quando la Missione Metodista Wesleyana acquistò l’intero stabile. Al termine di una serie di ristrutturazioni, fra le quali la demolizione del piano superiore, la chiesa venne aperta al culto evangelico nel 1908.

Nel cinquecento la chiesa aveva subito profondi rimaneggiamenti architettonici per adeguarla allo stile dell’epoca e successivi interventi in epoca barocca avevano portato a una serie di sovrapposizioni che produssero una serie numerosa quanto grave di alterazioni architettoniche. Quando divenne proprietà evangelica la penuria dei mezzi costrinse a limitarsi al semplice intervento dell’imbianchino, portando a una ulteriore deturpazione della quale, com’era usuale all’epoca, non ci si fece grande scrupolo. Con l’arrivo del pastore Giovanni Ferreri nella cura della comunità di Parma, nel 1924, si focalizzò l’urgenza di un radicale restauro della chiesa, che la riportasse al suo stile cinquecentesco. Quest’idea fu prontamente accettata dal Presidente dell’Opera Metodista Wesleyana in Italia, Bradford. L’Opera Metodista sovvenzionò i lavori, che terminarono in un paio d’anni, permettendo di riaprire la chiesa al culto il 5 dicembre 1926.

É probabilmente in questa occasione che lo storico e teologo pastore Ugo Janni venne da Sanremo in visita alla chiesa di Parma e pochi giorni dopo, il 10 dicembre, pubblicò sulla rivista “Il Risveglio” una descrizione dei risultati dell’opera di restauro appena terminata. Dopo aver accennato brevemente alla storia della chiesa, il pastore Janni aggiungeva:

“[...] Per tutti i particolari del restauro, come per i mobili e gli ornamenti si è seguito il consiglio di competenti, alla testa dei quali l’esimio architetto Moretti, di Milano, che prestò gratis l’opera sua, senza lasciare nessuna parte ai dilettanti... dei quali Iddio ci liberi sempre in simili casi. Lo stile è stato unificato sopprimendo tutte le barocche supposizioni. I pittori hanno preso il posto degli imbianchini ed hanno decorato la Chiesa in modo sobrio ma caldo e ad un tempo finemente artistico. Al centro dell’Abside, cioè al posto diremo così di onore, è la Sacra Mensa, il suggestivo simbolo di quella comunione sacrifico-vivifica in cui si compendia il cristianesimo, cioè l’opera di Cristo per la nostra redenzione e la nostra vita cristiana che è offerta, sacrificio, culto come il culto è vita.

La Mensa è di marmo, di nobile fattura e di rilevante costo. A sinistra della Mensa è il pulpito di bello stile e collocato in un punto da cui l’acustica è squisita. A destra della Mensa è una piccola tribuna bassa dove sta il ministro per la parte liturgica nei culti in cui non si celebra la Santa Cena. Dietro e perpendicolarmente alla piccola tribuna liturgica, contro la parete laterale dell’Abside, sono i posti riservati ai Ministri e più indietro è la parte destinata all’organo. Per ora la Chiesa ha un buon armonium; ma possiede già la metà della somma necessaria all’acquisto dell’organo. Ciò che rimane da fare oltre all’acquisto dell’organo è il campanile di cui già esiste la torre basilare, la balaustra davanti alla Sacra Mensa, il Battistero, e il restauro della facciata della Chiesa per metterla all’unisono con l’interno quanto a stile. Tutto ciò sarà certamente fatto e speriamo presto. Intanto la Chiesa di San Salvatore in Parma non solo è una della più belle Chiese Evangeliche d’Italia, il che è dir poco: ma è una bellissima Chiesa assolutamente parlando, il che è dir molto. Come evangelico italiano mi sia permesso – mentre mi congratulo con Ferrari – di rendere vivissime grazie al presidente rev. Bradford che ha compreso, con profondo intuito, una delle prepotenti esigenze dell’anima del mio popolo [...] ”.

L’acquisizione dell’organo si concretizzò un paio d’anni dopo, quando un organo Balbiani, usato ma in ottime condizioni e di grande valore artistico, fu posto in opera l’8 dicembre 1928, alla gloria di Dio e in memoria del rev. William Burgess. Una targa marmorea all’interno di una nicchia  davanti al pulpito ricorda l’installazione dell’organo:



ALLA GLORIA DI DIO

ED IN MEMORIA DEL LAVORO COMPIUTO

DAL REV. GUGLIELMO BURGESS

L’ORGANO QUI A LATO

É STATO POSTO IN QUESTA CHIESA

DA LUI DESTINATA NELL’ANNO MCMV

ALLA CULTURA DELLA VITA SPIRITUALE

IN QUESTA CITTÁ



TO THE GLORY OF GOD

AND TO COMMEMORATE THE WORK

OF THE REV. WILLIAM BURGESS

THIS ORGAN IS PLACED IN THIS CHURCH

WHICH HE SECURED IN THE YEAR MCMV

FOR THE ADVANCEMENT

OF THE SPIRITUAL LIFE IN THIS CITY



VIII  DICEMBRE                  MCMXXVIII

Il testo è inciso sia in italiano sia in inglese, come riconoscenza per il fondamentale contributo dato dai confratelli britannici. Subito al di sotto di questa targa oggi se ne trova anche una più piccola posta nel 2006 per ricordare la restaurazione dell’organo, resasi necessaria per l’usura del tempo. Purtroppo il campanile e la balaustra davanti alla Mensa, di cui parla il pastore Janni, non sono mai stati realizzati, mentre un fonte battesimale in pietra è stato acquisito alla fine degli anni sessanta del secolo scorso a opera del pastore Ivo Bellacchini.

Dopo il forte terremoto del 1983 l’aspetto interno della chiesa si è leggermente modificato. Il bel soffitto con volte a vela è stato sostituito da una volta semplice per l’elevato costo che una tale ricostruzione avrebbe comportato, il pavimento in piastrelle esagonali bianche e nere è stato sostituito con uno di cotto di colore rosso uniforme, il fonte battesimale e quasi tutti i banchi sono stati distrutti e gli affreschi artistici che ricoprivano tutte le pareti sono stati sbrigativamente ricoperti da un uniforme intonaco di colore beige. Restano però gli analoghi affreschi nella cupola, fortunatamente non interessata dal sisma. Infine, all’inizio del 2006 è stato installato un sistema di riscaldamento dell’aria, molto gradito nel periodo invernale da una comunità pentecostale ganese che da qualche anno aveva iniziato ad avere un proprio culto al pomeriggio della domenica.

150 anni di storia (1863-2013) - Pellegrino Strobel


(Milano, 22 agosto 1821 - Vignale di Traversetolo, Parma, 8 giugno 1895)


Pellegrino Strobel apparteneva a una nobile famiglia tirolese originaria di Rattenberg e Innsbruck, rappresentata in gran parte da funzionari austriaci. Peregrin (Pellegrino, in italiano) era il quarto di otto fratelli e sorelle e nacque a Milano, precisamente a Palazzo Marino, la sede della Casa Imperiale Asburgica nel Lombardo-Veneto. Il padre Michael von Strobl zu Haustatt und Schwannefeld, infatti, aveva la carica di cassiere imperiale dell’Arciduca Rainer, mentre la madre era Elisabeth von Webern, di nobile famiglia tirolese e zia del grande compositore Anton von Webern. Il prefisso von nel cognome del padre ha portato alla frequente dizione italiana di “de Strobel”. Il nome Peregrin gli fu imposto alla nascita in quanto suo padrino fu Peregrin von Menz, alto funzionario artistico, amico del padre.


Nell’ambiente frequentato dalla famiglia Strobel si muoveva una multiforme società mitteleuropea, che comprendeva anche la stessa famiglia Asburgo, il maresciallo Radetzky, Carl Mozart (figlio del compositore), il conte Firmian, il conte del Tirolo Mohr, Alessandro Manzoni e la buona borghesia lombarda. Durante gli studi presso il rinomato ginnasio a Merano, in Peregrin si concretizzò la passione per le scienze naturali, che erano assai diffuse presso la Corte di Vienna. Lo Strobel ebbe come guida anche il grande esploratore Alexander von Humboldt, amico di famiglia. A soli dieci anni lo Strobel divenne Socio dell’Associazione Zoologico-Botanica di Vienna. Dopo la maturità, si laureò a Pavia dapprima in giurisprudenza (1842) e più tardi in scienze naturali. L’Università di Pavia era allora un’università austriaca molto attiva, in cui si muoveva un ambiente progressista-liberale, in parte legato alla Chiesa Evangelica. A quest’ultima appartenne anche lo Strobel, che divenne diacono e fu, in seguito, uno dei fondatori della comunità evangelica di Parma. Fu inoltre socio fondatore della Società della Cremazione a Milano, i cui membri erano di provenienza mitteleuropea.

Le sue prime osservazioni scientifiche si dedicarono allo studio dei Molluschi, pubblicando varie opere scientifiche, e successivamente delle terremare. A soli trentatré anni era già noto nel mondo scientifico internazionale, essendo membro di numerose Accademie scientifiche. Fu inoltre socio onorario di molte associazioni naturalistiche e alpinistiche, oltre che di fondazioni a scopo sociale ed educativo, come il Collegio Maria Luigia di Parma. Fu anche iscritto alla massoneria. A Parma, dove già il padre Michael era stato consigliere dell’Arciduchessa Maria Luigia d’Austria, nel 1859 gli venne offerta la prima cattedra universitaria, avendo la nomina a professore di Storia Naturale presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Nel 1863 fu nominato professore di Mineralogia, Geologia e zoologia e Direttore del Gabinetto di Storia naturale presso l’Università di Parma.

Si innamorò di molte donne, non sempre ricambiato e questa irrequietezza sentimentale lo portò spesso a desiderare grandi viaggi e a congedarsi da città e paesi. Verso la fine del 1864 lasciò l’università di Parma per trasferirsi in Argentina: su invito del rettore dell’Università di Buenos Aires accettò di contribuire alla fondazione e allo sviluppo della facoltà di Scienze Naturali. Il soggiorno in Argentina, allora terra in gran parte sconosciuta, significò per Strobel la realizzazione del sogno giovanile di conoscere il Nuovo Mondo e una grande occasione per le sue ricerche scientifiche. Durante il viaggio dall’Europa all’america si fermò nell’isola di San Vincenzo, una delle maggiori del Capo Verde, ove gli parve di riscontrare delle analogie con le terremare che aveva iniziato a studiare in Emilia. Pubblicò queste osservazioni a Parigi nel 1865. Nei circa due anni di permanenza in Sud America allargò la sua attività a molti campi della ricerca naturalistica partecipando a spedizioni che lo portarono fino in Patagonia e nella Terra del Fuoco. È interessante notare come nel corso di queste esplorazioni fu tra i più entusiasti naturalisti a servirsi della fotografia, che allora era al suo inizio.

La morte del padre Michael nel Tirolo lo costrinse a fare velocemente ritorno in Europa per affrontare, quale più anziano dei fratelli, la successione del Fidecommesso della famiglia Strobel a Innsbruck. Infine ritornò definitivamente a Parma attorno al 1868, dopo aver peregrinato per le diverse città europee. All’Università di Parma gli venne assegnata la cattedra di Geologia. Nel 1871 fu nominato Direttore della Scuola di Farmacia dell’università di Parma per il triennio 1871-1874 e in questa stessa università conseguì poi la laurea in Scienze Naturali nel 1872. Fu anche Direttore del Museo di Storia Naturale di Parma e per due trienni consecutivi Preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Nel 1891 fu eletto all’unanimità Rettore dell’Università di Parma per un triennio, ma dopo il primo anno dovette rinunciare per motivi di salute. Oltre a conoscere le lingue antiche, greco e latino, parlava perfettamente tedesco, italiano, francese, inglese e spagnolo e possedeva alcune nozioni di ungherese e di turco.

L’epoca in cui Strobel visse era il tempo dei grandi sviluppi delle scienze naturali e della tecnica, che risvegliò molte speranze, portando a credere che la cooperazione delle Scienze potesse significare anche intese politiche di pace e per questo nel 1879 seguì attentamente le conferenze di Londra di Henry Richard sulla International Reduction of Armaments. Strobel aveva a suo tempo percepito perfettamente l’ondata di liberalismo che andava addensandosi su tutta la mitteleuropa e che sfociò nelle ribellioni del 1848, prendendo lo spunto di essere nato a Milano per opporsi alla restaurazione austriaca nel Lombardo-Veneto. Nel 1883 dovette andare a rappresentare la città di Parma al Parlamento a Roma, prendendo una decisione che comportò grossi contrasti in seno alla propria famiglia, che si trovava in Austria. Egli affermò spesso di non avere una patria, se non la bandiera delle sue ricerche scientifiche. Alla Camera prese posto all’estrema sinistra. un’altra nota che può chiarire il carattere indipendente e insofferente di Strobel è il discorso che pronunciò all’inaugurazione dell’anno accademico 1891-1892 in qualità di Rettore Magnifico. Esprimendo una visione molto avanzata delle riforme sociali e scolastiche, suscitò grande scandalo, al punto che dovette difendersi da numerosi attacchi reazionari. Si fece pure promotore e sostenitore dell’abolizione dello studio del greco nei licei. Ormai cinquantenne, Strobel sposò Adelinda Valdagni, una giovane donna appartenente a una famiglia nobile trentina. Ebbero due figli, di cui il secondo, Daniele, divenne un famoso pittore.

Nel 1895 Strobel morì per crisi cardiaca. Come annotato dal pastore dell’epoca “la famiglia lo volle sepolto civilmente”. Fu cremato e sepolto in un’urna monumentale nel settore universitario del cimitero di Parma. Pochi giorni dopo una cara amica di famiglia, Caterina Pigorini Beri, pubblicò sulla Gazzetta di Parma una sua commossa commemorazione. Nel centenario della morte, l’Università di Parma lo celebrò con un convegno dedicato alla sua figura di uomo e scienziato e a cui partecipò anche il nipote Victor von Strobel, che donò alla comunità metodista un piccolo ritratto del nonno, come ricordo della sua appartenenza a quella chiesa.

Si nota chiaramente come in Strobel si condensarono le culture tedesca e italiana, anche se convissero con molta difficoltà: razionalmente e filosoficamente appartenne alla cultura tedesca, mitteleuropea, ma sentimentalmente fu legato alla letteratura italiana della sua epoca e appassionato a quel mito dell’Arcadia intesa come immagine ideale che i viaggiatori di cultura germanica avevano della natura mediterranea e della riscoperta del mondo antico.

Il cimitero urbano della Villetta
Già nella seconda metà del XVIII secolo a Parma si era sviluppata l'esigenza di un unico cimitero cittadino. Si progettò di realizzarlo poco fuori le mura in corrispondenza di quella che sarebbe divenuta barriera Bixio, ma la costruzione non venne mai attuata. L'idea di un tale cimitero fu rispolverata sotto il governo francese all'inizio del secolo successivo, quando, in seguito all'Editto di Saint Cloud (1804), fu vietata la sepoltura nelle chiese e si rese necessaria la costruzione di un cimitero municipale fuori le mura. Si identifico' la medesima area del secolo precedente, in un luogo chiamato della "Villetta" per la presenza di una villa cinquecentesca di proprietà dei Gesuiti e poi del Collegio Lalatta, per cui ancora oggi si parla di cimitero della Villetta.

La fondazione del cimitero venne infine decretata il 15 novembre 1817 dalla duchessa Maria Luigia d'Austria. In quella stessa zona, tuttavia, fin dal 30 marzo si era iniziato a seppellire i numerosi morti di una assai virulenta epidemia di tifo. Due anni dopo fu eretta la cappella e nel periodo 1820-1823 si costruirono i muri perimetrali. La pianta originaria del cimitero, oggi comprendente anche settori aggiunti in epoca recente, e' un quadrato con i quattro vertici smussati, in maniera da assumere la forma di un ottagono con lati diseguali.

PlanimetriaI muri perimetrali seguirono appunto questi otto lati ed identificarono il cimitero vero e proprio, mentre le quattro aree triangolari ottenute dalla "smussatura" a 45° dei vertici, quindi risultanti esterne al cimitero stesso, vennero destinate a raccogliere i resti mortali di defunti appartenenti a categorie che, secondo il costume del tempo, non avevano diritto a essere sepolti accanto agli altri cittadini nella terra "consacrata".

Il settore esterno NE fu destinato ad accogliere i bambini non battezzati, mentre quello simmetrico a NO fu riservato alla sepoltura dei giustiziati e dei boia. Il settore a SE fu destinato all'ossario comune, mentre quello a SO fu l'area per i non-cattolici. Tale settore fu assegnato per meta' agli ebrei e per l'altra meta' ai protestanti. Cio' testimonia, pertanto, come gli evangelici fossero noti e presenti gia' da tempo in città, anche se non riuniti in una comunita'.

Questa discriminazione legalizzata, pur comune per quei tempi, aiuto' a consolidare uno spirito fraterno fra i membri della comunita'. Anche quando essa fu rimossa il senso di appartenenza rimase quasi immutato, portando da un lato a sviluppare una sorta di orgoglio ad avere un "proprio" cimitero e dall'altro a spingere anche coloro che in vita avevano avuto una fede tiepida a chiedere la sepoltura nel settore evangelico. L'errata idea di fondo, pero', che quell'area non fosse parte integrante del cimitero, ma un qualche cosa di separato, quasi un cimitero privato, rimase a lungo nelle stesse autorita' preposte. Nei decenni si ripeterono periodicamente dei bracci di ferro fra la comunita' metodista e la Direzione del cimitero per quanto riguardava la cura dell'area. Anche solo pochissimi anni or sono, per un lungo periodo il settore evangelico fu quasi del tutto abbandonato: le tombe erano quasi scomparse coperte dalle erbacce che non venivano mai tagliate e l'unico intervento "pubblico" consisteva nella preparazione delle tombe al momento della sepoltura. Dopo molti interventi e petizioni, alla fine il Comune riconobbe che anche il settore evangelico faceva parte del cimitero municipale ed esso tornò ad avere un aspetto dignitoso.

Mentre all'inizio si procedette alla sepoltura in terra, in tempi recenti anche fra gli evangelici penetro' l'abitudine di inumare i propri defunti in avelli predisposti nel muro perimetrale e che si possono notare a fianco del cancello d'ingresso. Fra le varie lapidi ve n'e' anche una di un certo interesse storico:

In memoria

di

Giuseppe Carile

Isernia 1837          Parma 1883

Capitano Garibaldino

Professore di Belle Lettere

Banditore del Santo Evangelo

Sempre servì fedelmente

Dio e la Patria

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La Chiesa Metodista Italiana

Riconoscente

Questo ricordo

pose

Si tratta di Giuseppe Carile, un professore di lettere nato a Isernia nel 1837. Si entusiasmo' all'idea risorgimentale e poco più che ventenne si arruolò volontario fra i "mille" della spedizione di Giuseppe Garibaldi, arrivando al grado di Capitano. E' probabilmente in questo periodo che si avvicino' al protestantesimo, verosimilmente in seguito alla conoscenza di Alessandro Gavazzi, cappellano dei garibaldini e poi fondatore della Chiesa Cristiana Libera in Italia. Carile a sua volta divenne un pastore evangelico. Nel 1882 si trasferi' a Parma provenendo dalla chiesa di Napoli, accompagnato dalla moglie e i due figli, e qui mori' il 26 ottobre 1883. Carile trasmise la sua fede anche ai familiari, tanto che un suo nipote fu il pastore Sergio Carile, noto storico del metodismo.

Nel settore evangelico e' presente anche un altro pastore. Si tratta di Tullio Di Muro, che guido' la comunità di Parma e Mezzano Inferiore fra il 1973 e il 1988, quando entro' in emeritazione. Curiosamente, segui' una strada simile a Carile: arrivato come pastore da Salerno, resto' definitivamente a Parma. A lui, fra l'altro, si deve il notevole e assiduo impegno di supervisione dei lavori di ricostruzione della chiesa dopo le distruzioni dovute al terremoto del 1983.

Pellegrino Strobel, fra i membri di chiesa iniziali e anche rettore dell'Universita', non e' invece sepolto nel settore evangelico. Venne infatti cremato e le sue ceneri poste in un'urna monumentale che si trova nel settore universitario. Scorrendo i nomi riportati sulle lapidi si nota ricorrere il cognome Ferrari. Si tratta di un cognome estremamente diffuso nel parmense, ma in questo caso e' connesso a generazioni di una famiglia molto nota nella zona. A partire da Giordano, che accetto' l'evangelo e lo trasmise ai familiari, si tratta di una famiglia di teatranti di burattini, che li realizzava autonomamente e creava anche le commedie. Il loro successo e' stato immutato per decenni, pur fra alti e bassi dell'affermazione di quest'arte, e dura ancora oggi, tanto che "i burattini dei Ferrari" sono molto conosciuti e apprezzati ancora ai giorni nostri.

Il terremoto del 1983
Nel 1971, il 15 luglio, a Parma si verificò una scossa di terremoto abbastanza sensibile. Nel soffitto a vela della chiesa metodista si produssero delle vistose crepe, senza peraltro provocare caduta di calcinacci. Anche se il fatto causò una certa apprensione, risultò che non si trattava di crepe che presupponevano la caduta del soffitto, per cui la comunità continuò a riunirsi regolarmente. Si continuò così per vari anni, quasi dimenticando la presenza delle crepe, finché il 23 dicembre 1980, alle 13:10, una scossa più forte colpì Parma e le zone limitrofe. Le crepe del soffitto questa volta si ampliarono sensibilmente, cadde qualche calcinaccio e ciò indusse i tecnici chiamati dopo pochi giorni per un sopralluogo a dichiarare lo stabile inagibile.
Questo verdetto obbligò la comunità a riunirsi per il culto in un salone attiguo posto sotto la casa pastorale, al numero 13 di Borgo Riccio da Parma. Si pensava dovesse trattarsi di una soluzione provvisoria, ma  presto si intravvide potesse divenire stabile, in quanto il reperimento della somma per iniziare i lavori di ripristino del soffitto si rivelava molto difficoltosa. La chiesa rimase, pertanto, del tutto abbandonata per alcuni anni, finché la situazione si sbloccò per un evento del tutto imprevisto. Alle 17:30 del 9 novembre 1983 si registrò uno dei più forti terremoti di sempre a Parma. Per fortuna non si registrarono vittime, ma i danni in città furono molti. Lo stabile che risultò più danneggiato fu proprio la chiesa metodista. Infatti, al momento della scossa l’intera volta della chiesa crollò fragorosamente, lasciando in posizione solamente le travature in legno.
Tutte le suppellettili e gli arredi per il culto (banchi, fonte battesimale, ecc.) vennero distrutti rimanendo sepolti da circa un centinaio di metri cubi di detriti e calcinacci, il tutto ricoperto da una incredibile quantità di polvere. Solamente quattro banchi si salvarono, perchè posti nelle nicchie laterali. Gravi lesioni si registrarono anche ai contrafforti esterni e alla casa pastorale attigua alla chiesa. Il pavimento venne fratturato dai blocchi caduti, ma i lampadari appesi sopra le panche rimasero incredibilmente al loro posto, come pure si salvò il tavolo di marmo posto al centro dell’abside. La cupola della torre campanaria che sovrasta quest’ultima protesse l’organo, rimasto fortunosamente illeso. Il crollo, infatti, aveva coinvolto solamente il soffitto della navata, mentre la cupola sopra l’organo era rimasta intatta, come già era successo nel 1980. La grande quantità di polvere, tuttavia, intasò le canne dell’organo (circa 2500) e le forti vibrazioni del sisma alterarono la loro accordatura come pure la parte meccanica dell’organo stesso.
Già dal giorno dopo il quotidiano e la televisione locali, La Gazzetta di Parma e TV Parma, misero in grande risalto il crollo. A questo proposito, è curioso notare come a fianco della notizia gli organi di informazione si fossero lasciati andare a infiorare l’evento con particolari molto fantasiosi. Stando agli “informatissimi” cronisti, infatti, in quella che era una chiesa abbandonata da quasi tre anni, si sarebbe sfiorato il dramma poiché al momento del sisma era terminata da pochi minuti la celebrazione di un affollatissimo quanto fantomatico matrimonio! A parte queste amenità giornalistiche, ci furono numerosi messaggi e interventi di sincera solidarietà da parte di tutta la cittadinanza.
La comunità si stava già interessando per capire come reperire l’ingentissima somma necessaria per la ricostruzione quando intervenne la Sovrintendenza per i Beni Culturali della Regione avocando a sé il progetto dei lavori in quanto, trattandosi di una chiesa medioevale, questa era sotto la propria giurisdizione. Ciò determinò il fatto che la comunità evangelica di Parma, e la Chiesa Metodista in generale, vennero sollevate dall’onere della ricostruzione, che ricadeva interamente sotto la responsabilità della Sovrintendenza. La comunità, particolarmente il pastore di quel tempo, Tullio Di Muro, ebbero, tuttavia, l’incombenza di supervisionare l’andamento dei lavori e la scelta di alcuni dettagli.
L’opera di ricostruzione iniziò nel corso del 1984 e proseguì abbastanza regolarmente, salvo un’interruzione di alcuni mesi fra due appalti successivi dei lavori. L’aspetto della chiesa rimase pressoché immutato. Purtroppo si perdette, tuttavia, il bel soffitto a vela precedente, sostituito da semplici volte e i dipinti a fresco che ricoprivano le pareti laterali fin dalle ristrutturazioni degli anni venti, sullo stile di quelli della cupola, rimasti intatti. La prima cerimonia tenutasi dopo la ricostruzione fu la celebrazione del matrimonio del figlio maggiore del pastore Di Muro, nell’aprile del 1987, che qualcuno avrebbe forse potuto pensare essere l’avverarsi del matrimonio immaginato dai cronisti 3 anni e mezzo prima.

 
Chiesa Evangelica Metodista di Parma-Mezzani
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